domenica 17 agosto 2008

Buttando via il cristianesimo L'Europa rischia di buttare via pure la democrazia

Afferma Mario Mauro, Vice Presidente del Parlamento Europeo, nella Presentazione di questo volumetto tanto agile quanto stimolante: “Se – come scriveva Henri Bergson – la ragion d’essere della democrazia è la fraternità, occorre altresì ammettere con lui che 'la democrazia è per essenza evangelica'. Ne scaturisce che è nostro dovere offrire alla democrazia il contributo della nostra filosofia, della nostra morale, della nostra tradizione. Un contributo certamente molteplice e vario, contraddistinto però dal cristianesimo, elemento comune alla vita personale e sociale di tutti noi … Affermando che all’origine della civiltà europea si trova il cristianesimo, non si vuole introdurre alcun criterio confessionale esclusivo. Si vuole invece fare riferimento alle radici comuni dell’Europa, a quella morale unitaria che esalta la figura e la responsabilità della persona umana col suo fermento di fraternità evangelica”. Dunque, a dare ascolto a Bergson, o l’Europa difenderà le sue origini cristiane o perderà se stessa e la democrazia. Ma l’Europa è intenzionata a prestare orecchio all’insegnamento del celebre filosofo dell’evoluzione creatrice? Sembrerebbe proprio di no, e Brienza lo dimostra prendendo in attento esame vari documenti fondamentali della recente storia dell’Unione Europea e ripercorrendo con attenzione alcuni passaggi relativi all’ampio dibattito sulla questione della libertà religiosa sviluppatosi negli ultimi anni nel Vecchio Continente.
In occasione di un convegno tenutosi un paio d’anni fa presso l’Università Lateranense, fu Rocco Buttiglione – ricorda Brienza – a porre il problema se quella che si andava affermando in Europa fosse una “laicità amichevole” di marca statunitense, oppure una “laicità ostile” di tipo francese; laddove – aggiunse l’onorevole Alfredo Mantovano nella medesima sede – si deve intendere amichevole la laicità che tende a difendere le religioni dal potere dello Stato, e ostile quella che viene usata per tenere lo Stato al riparo dalle religioni. E che l’Unione Europea si sia sempre indirizzata a far proprio questo secondo modello sembra incontestabile: il fondamentalismo laicista si sta da tempo affermando e il professor Roberto de Mattei poteva scrivere su “Il Foglio” del 2 ottobre 2003: “Nel momento in cui gli Stati Uniti rivendicano con orgoglio la dimensione collettiva della loro esperienza religiosa, l’assenza di un richiamo al cristianesimo assumerebbe il significato di un imperdonabile atto di rimozione storica”. E così – ricorda Brienza – siamo giunti al divieto di menzionare nella Carta europea le radici cristiane, al fine di ottenere quella privatizzazione del fatto religioso che è negli auspici di molti. Stante questa situazione, non tutto il male viene per nuocere, e anche il congelamento del Trattato Costituzionale seguito ai referendum francese e olandese potrebbe diventare un’opportunità: “All’Europa – conclude Brienza – serve infatti reinfondere nella politica la sua cultura, la sua tradizione, la sua saggezza. E anche la sua religione. Il cristianesimo è vivo nelle chiese e nell’agorà. Anch’esso potrebbe rientrare nella Carta, portato da uomini nuovi, orgogliosi di essere europei con una Costituzione comune”. (Giuseppe Brienza, "Libertà e identità religiosa nell'Unione europea", Solfanelli, 110 pp., €8,00)

di Maurizio Schoepflin

http://www.ilfoglio.it/blog/587

domenica 10 agosto 2008

Renunţând la creştinism, Europa riscă să renunţe şi la democraţie

Potrivit filosofului Henri Bergson, Europa ori îşi va apăra rădăcinile creştine, ori se va pierde pe sine şi democraţia. Dar oare Europa vrea să ţină seama de ipoteza celebrului filosof? Se pare că nu, iar Giuseppe Brienza, autorul cărţii „Libertate şi identitate religioasă în Uniunea Europeană”, recent apărută în Italia, o dovedeşte analizând diferite documente fundamentale din istoria recentă a Uniunii Europene şi analizând cu atenţie câteva aspecte ale dezbaterilor referitoare la libertatea religioasă care a avut loc în ultimii ani în Europa, notează ziarul Il Foglio.

În prezentarea acestui volum, vicepreşedintele Parlamentului European, Mario Mauro, scrie: „Dacă – aşacum susţinea Henri Bergson – raţiunea de a fi a democraţiei este fraternitatea, va trebui să recunoaştem, asemenea lui, că „democraţia este prin esenţa ei evanghelică”. Reiese de aici că datoria noastră este de a oferi democraţiei contribuţia filosofiei noastre, a moralei noastre, a tradiţiei noastre. O contribuţie, fireşte, multiplă şi variată, caracterizată însă prin creştinism, element comun al vieţii personale şi sociale a noastre, a tuturor…

Afirmând că la originea civilizaţiei europene se află creştinismul, nu se doreşte introducerea niciunui criteriu confesional exclusiv. Se doreşte doar o referire la rădăcinile comune ale Europei, la cea morală untară care evidenţiază figura şi responsabilitatea persoanei umane cu fermentul ei de frăţietate evanghelică”.

Cu prilejul unui simpozion organizat în urmă cu câţiva ani la Universitatea Lateranense din Roma, Rocco Buttiglione (catolic fervent, fost ministru de Externe, în prezent propus drept candidat la funcţia de comisar european pentru justiţie şi afaceri interne, n.red.) a ridicat problema dacă fenomenul care începea să se afirme în Europa era o „laicitate amicală” cu tentă americană, sau o „laicitate ostilă” de tip francez, afirmă autorul cărţii amintite.

Laicitatea amicală este aceea care tinde să apere religiile de puterea statului, iar cea ostilă este laicitatea utilizată pentru a apăra statul de religii. Faptul că Uniunea Europeană s-a orientat întotdeauna spre însuşirea celui de-al doilea model pare un lucru incontestabil: fundamentalismul laic se afirmă de multă vreme, iar profesorul Roberto de Mattei (vicepreşedinte al Consiliului Naţional al Cercetării) scria într-un articol din Il Foglio din 2003: „În momentul în care Statele Unite revendică cu orgoliu dimensiunea colectivă a experienţei lor religioase, absenţa unei referiri la creştinism ar căpăta semnificaţia unui act imperdonabil de îndepărtare istorică”.

În felul acesta – arată autorul cărţii – am ajuns la interdicţia de a menţiona în Carta europeană rădăcinile creştine, cu scopul de a obţine acea privatizare a faptului religios dorită de mulţi. Dată fiind această situaţie, orice rău e spre bine, şi chiar şi congelarea Tratatului constituţional, după referendumul francez şi olandez, ar putea deveni o oportunitate. Într-adevăr – susţine Giuseppe Brienza – Europa trebuie să reinsereze în poitică cultura sa, tradiţia sa, şi înţelepciunea sa, şi chiar religia sa. Creştinismul este viu în biserici şi în pieţele publice; şi el ar putea fi inclus în Cartă, adus de oameni noi, mândri că sunt europeni cu o Constituţie comună”, conchide autorul.


http://www.financiarul.ro/2008/08/18/renuntand-la-crestinism-europa-risca-sa-renunte-si-la-democratie/

domenica 15 aprile 2007

RECENSIONE di Marino Pagano

L'Europa. Già, l'Europa, questa nostra grande patria comune. Patria geografica, culturale, umana. Patria di valori e di storie. Di uomini, dolori, morti. E battaglie, guerre, catastrofi. Eppure, Europa. Con i suoi drammi e le sue lacrime, ma pure con l'orgoglio d'una storia che è vita, vita nostra. E non c'è uomo che possa rinnegare la propri a vita. Se dovesse farlo, barbaro individuo da due soldi, beh, costui rinnegherebbe in un sol colpo sé stesso: perché non è possibile dire addio al proprio cuore, alla propria anima. Uno può rinnegare gli errori, non la vita. Ma, si sa, triste è la genia umana in questo parimente triste pianeta. Oggi, occorre saperlo, c'è chi, coscientemente, dice addio a sé stesso. Peggio: alla propria storia. La dissoluzione totale. È accaduto sotto i nostri occhi, accade sotto i nostri occhi (accadrà sotto gli occhi dei nostri figli?) con la cancellazione delle radici cristiane da ogni documento che parla della nuova — di suo ciarliera — Europa, costituenda chissà come, se già nasce senza fondamenta. Dire no al riconoscimento delle radici cristiane è stato un po' come non riconoscere la dolce soavità di ogni mattutina luce, di ogni alba raggiante e abbacinante, di tutte le notti stellate, di tutte le giornate in preda ad angoscianti, croscianti fortunali. Come non riconoscere, ossia, la naturalità delle cose, la loro ovvietà persino. Ma che possiam farci? A vincere, lo si voglia ammettere o no (e chissenefrega se qualcuno, buon per lui, vorrà non ammetterlo), è stata la Massoneria Universale, che qui scriviamo in maiuscolo non tanto perché la crediamo maiuscola ma perché maiuscolo, grande, gigante, addirittura sorprendente per i più è il potere di cui essa dispone sulla faccia della nostra (un giorno bella) terra. Mai potere fu più sordido, mai fu, soprattutto, più anticristiano della massoneria (che qui torniamo a scrivere, lieti, in minuscolo). E mai fu più vincente. Perché, oggigiorno, basta semplicemente menar vanto di ostacolare, contestare la fede cristiana e la Santa Chiesa Cattolica Apostolica Romana per vincere, trionfare. E quindi sconfiggere. Il senso comune della verità dei fatti, non già la fede perché qui (ahiahiahi!) entra in gioco il nostro certissimo, affidabilissimo "non prevalebunt”. Ma attenzione: noi non crediamo che l'Europa sia, attualmente, cristiana o cristianizzata. No. Essa è, semmai, da cristianizzare. Cristiana lo è nelle sue radici. Lo è ab ovo. Ma per prender coscienza di tutto ciò occorre conoscere, iscriversi alla battaglia delle idee, leggendo, spulciando tra libri e ragnatele, saperi e polveri. Tuttavia, a volte, basterebbe una innocua capatina in qualche libreria o qualche veleggiata in internet ("navigare necesse est", Cneo Magno Pompeo docet) per cogliere al volo buone opportunità di lettura. È il caso del volumetto di Giuseppe Brienza, "Libertà ed identità religiosa nell'Unione Europea. Tra Carta di Nizza e Trattato costituzionale", pubblicato per i tipi delle benemerite edizioni Solfanelli di Chieti (111 pagine, 8 euro). Il saggio si avvale della prefazione di Massimo Mauro, vicepresidente del parlamento europeo. I capitoli del libro sono davvero interessanti: si va dalla "laicità ostile" francese e dall'approfondimento sulla libertà religiosa nei paesi della UE, e quindi dalla tipica statolatria d'oltralpe di giacobina memoria, allo studio dei vari documenti elaborati negli ultimi anni. Anche se, sottolinea acutamente Brienza, "il trattato costituzionale europeo non rappresenta una costituzione né sul piano procedurale né su quello sostanziale. La convenzione europea, nonostante l'enfasi con cui si è tentato di caricarne la composizione ed il metodo di lavoro, non è stata un'assemblea costituente". Inoltre, "il trattato di Bruxelles non si può identificare con una costituzione neppure sul piano sostanziale, essendo ancora una volta il compromesso fra interessi di governi nazionali che si riservano, ciascuno, il potere decisionale in ultima istanza". "Per evitare di scomparire, l'Europa dovrebbe così necessariamente tornare alle sue radici cristiane, facendo di esse il proprio futuro. Queste radici non solo sono un dato storico ineliminabile, ma sono anche la possibilità di una grande rinascita nel XXI secolo", conclude l'autore. E se qualcuno dovesse azzardarsi a dargli torto, che peste lo colga. All'istante.

Marino Pagano

IL CARLINO, anno V, nn.1-2, gennaio-giugno 2007

borbonicipuglia@katamail.com

sabato 22 aprile 2006

RECENSIONE di Gianluca Grasso

Gli ultimi anni del secolo XX hanno riportato al centro dell’attenzione mondiale la questione religiosa, che molte volte, nel corso del “secolo breve”, era stata accantonata, in favore di ideologie che ponevano l’accento sulla dimensione materiale, o relegata nell’ambito della coscienza individuale. “L’11 settembre”, il fondamentalismo islamico, la crisi dell’Occidente e del relativismo hanno condotto a riflettere nuovamente sulle radici europee e sull’importanza che esse possono assumere per la costruzione del futuro del continente.
Parlare di Europa non vuol dire esprimere sempre il medesimo concetto. La parola “Europa” è, infatti, in grado di assumere significati sempre differenti a seconda dei periodi storici o della visuale prescelta dall’interprete. Sotto la medesima denominazione, ad esempio, accanto all’Europa continente ritroviamo la figlia del re fenicio Agenore, rapita secondo il mito da Zeus che apparve nelle forme di un toro. Guardando alla storia, d’altronde, è possibile notare come i suoi stessi limiti spaziali si modifichino nel tempo, includendo od escludendo la Russia, la Turchia, e i paesi dell’Est in genere. Il “significante” Europa, per acquisire di volta in volta “significato” deve essere necessariamente assunto nella cultura di riferimento. È necessario per questo chiedersi quale Europa stiamo costruendo.
Il dibattito sorto sull’eventualità di introdurre il riferimento alla tradizione religiosa e cristiana, innanzitutto, in seno alla Convenzione istituita per il varo della nuova Costituzione europea ha mostrato quanto sia sentito il tema delle radici e della dimensione religiosa. La mancata introduzione del riferimento alla tradizione religiosa che hanno plasmato l’anima dell’Europa ha tuttavia mostrato come “l’idea di Europa” propria di una certa elite politica sia quella di una costruzione astratta e burocratica, fondata sugli atti amministrativi e su una idea di laicità come unica religione civile. La mancata ratifica del Trattato costituzionale da parte di alcuni Stati, tra cui la stessa Francia i cui esponenti politici ne hanno fortemente voluto l’approvazione, mostra forse la crisi di questo progetto e la necessità di tornare a riflettere su quale Europa vogliamo effettivamente costruire.
Il libro di Giuseppe Brienza, Libertà ed identità religiosa nell’Unione Europea. Tra “Carta di Nizza” e Trattato Costituzionale, per i tipi Solfanelli, si colloca perfettamente in tale dibattito, contribuendo a dare risalto alla questione religiosa nell’ordinamento comunitario. Il tema viene affrontato in maniera documentata, con passione e competenza. Brienza non nasconde da che parte sta, lo dice sin dall’inizio: l’Europa che dimentica le sue radici non è la vera Europa. Partendo da tale assunto affronta la questione della dimensione religiosa nell’Unione Europea consentendo anche al lettore comune di accedere a notizie e a circostanze che non sempre risultano rappresentate dagli organi di informazione, con puntuale richiamo di interventi, dichiarazioni, saggi e relazioni resi in questi anni sul tema da studiosi e protagonisti del dibattito.
Particolarmente interessante risulta l’excursus dell’approvazione della Carta di Nizza e del Trattato costituzionale, letto alla luce dei rilievi critici di chi voleva dare un risalto adeguato al fenomeno religioso. Tali voci, come sappiamo, non sono state ascoltate con la dovuta attenzione ed è prevalsa in larga misura la linea laicista, di stampo francese, tesa a ridimensionare il fenomeno religioso, isolandolo nella coscienza dell’individuo ed equiparandolo alla libertà di pensiero e di coscienza. Particolarmente significativo risulta, in tal senso, il mancato coinvolgimento delle chiese e delle comunità religiose nella “Convenzione” designata all’elaborazione del Trattato costituzionale. Se il riferimento alle radici cristiane è stato omesso dal preambolo del Trattato, tuttavia, la Carta non è del tutto indifferente al fenomeno religioso. L’articolo I-52 prevede, infatti, che l’Unione europea rispetta e non pregiudica lo status previsto nelle legislazioni nazionali per le chiese e le associazioni o comunità religiose degli Stati membri, rispetta ugualmente lo status delle “organizzazioni filosofiche” e non confessionali e mantiene un dialogo aperto, trasparente e regolare con tali chiese e organizzazioni, riconoscendone l’identità e il contributo specifico. Tale articolo, che rappresenta comunque un’importante conquista - ed è stato osteggiato da alcuni stati membri, come la Francia, il Belgio, la Svezia ed il Lussemburgo, che hanno cercato di impedirne l’approvazione - mostra degli evidenti limiti. Le Chiese e le Comunità religiose, infatti, come annota puntualmente Brienza, risultano equiparate alle “organizzazioni filosofiche”, con un’assimilazione alle associazioni di diritto privato, «accentuandone una caratterizzazione privatistica a danno della loro rilevanza pubblica» (p. 93).
A fronte di un’Unione europea in larga misura indifferente al fenomeno religioso e valoriale, l’autore richiama l’esempio del Consiglio d’Europa, organismo internazionale, custode della Convenzione europea per la tutela dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, nel cui ambito risulta adeguatamente tutelata la libertà religiosa individuale, grazie anche alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, anche se la dimensione collettiva di tale libertà non riceve le medesime garanzie. L’art. 9, par. 2, della Convenzione europea prevede, al riguardo, che «la libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo non può essere oggetto di restrizioni diverse da quelle che sono stabilite dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società democratica, alla pubblica sicurezza, alla protezione dell’ordine, della salute o della morale pubblica, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui».
Quella religiosa costituisce una dimensione importante della vita sociale. La nostra storia risulta indissolubilmente legata ad essa ed un’Europa che ignora o ridimensiona la sfera religiosa tende a cancellare le proprie radici. Il Cristianesimo ha lasciato impresso un segno indelebile nella cultura occidentale, senza il quale non si sarebbe potuta sviluppare - per converso - neanche la cosiddetta tradizione laica. Inoltre, la prima vera unificazione europea è dovuta al Sacro Romano Impero di Carlo Magno che il giorno di Natale dell’800 ricevette da Papa Leone III la sua consacrazione, divenendo «Imperatore dei romani». Come riconosceva anche Benedetto Croce, l’affermazione della centralità delle tradizioni cristiane non è «pia unzione né ipocrisia (…) ma semplice osservazione della realtà».

Gianluca Grasso

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