domenica 15 aprile 2007

RECENSIONE di Marino Pagano

L'Europa. Già, l'Europa, questa nostra grande patria comune. Patria geografica, culturale, umana. Patria di valori e di storie. Di uomini, dolori, morti. E battaglie, guerre, catastrofi. Eppure, Europa. Con i suoi drammi e le sue lacrime, ma pure con l'orgoglio d'una storia che è vita, vita nostra. E non c'è uomo che possa rinnegare la propri a vita. Se dovesse farlo, barbaro individuo da due soldi, beh, costui rinnegherebbe in un sol colpo sé stesso: perché non è possibile dire addio al proprio cuore, alla propria anima. Uno può rinnegare gli errori, non la vita. Ma, si sa, triste è la genia umana in questo parimente triste pianeta. Oggi, occorre saperlo, c'è chi, coscientemente, dice addio a sé stesso. Peggio: alla propria storia. La dissoluzione totale. È accaduto sotto i nostri occhi, accade sotto i nostri occhi (accadrà sotto gli occhi dei nostri figli?) con la cancellazione delle radici cristiane da ogni documento che parla della nuova — di suo ciarliera — Europa, costituenda chissà come, se già nasce senza fondamenta. Dire no al riconoscimento delle radici cristiane è stato un po' come non riconoscere la dolce soavità di ogni mattutina luce, di ogni alba raggiante e abbacinante, di tutte le notti stellate, di tutte le giornate in preda ad angoscianti, croscianti fortunali. Come non riconoscere, ossia, la naturalità delle cose, la loro ovvietà persino. Ma che possiam farci? A vincere, lo si voglia ammettere o no (e chissenefrega se qualcuno, buon per lui, vorrà non ammetterlo), è stata la Massoneria Universale, che qui scriviamo in maiuscolo non tanto perché la crediamo maiuscola ma perché maiuscolo, grande, gigante, addirittura sorprendente per i più è il potere di cui essa dispone sulla faccia della nostra (un giorno bella) terra. Mai potere fu più sordido, mai fu, soprattutto, più anticristiano della massoneria (che qui torniamo a scrivere, lieti, in minuscolo). E mai fu più vincente. Perché, oggigiorno, basta semplicemente menar vanto di ostacolare, contestare la fede cristiana e la Santa Chiesa Cattolica Apostolica Romana per vincere, trionfare. E quindi sconfiggere. Il senso comune della verità dei fatti, non già la fede perché qui (ahiahiahi!) entra in gioco il nostro certissimo, affidabilissimo "non prevalebunt”. Ma attenzione: noi non crediamo che l'Europa sia, attualmente, cristiana o cristianizzata. No. Essa è, semmai, da cristianizzare. Cristiana lo è nelle sue radici. Lo è ab ovo. Ma per prender coscienza di tutto ciò occorre conoscere, iscriversi alla battaglia delle idee, leggendo, spulciando tra libri e ragnatele, saperi e polveri. Tuttavia, a volte, basterebbe una innocua capatina in qualche libreria o qualche veleggiata in internet ("navigare necesse est", Cneo Magno Pompeo docet) per cogliere al volo buone opportunità di lettura. È il caso del volumetto di Giuseppe Brienza, "Libertà ed identità religiosa nell'Unione Europea. Tra Carta di Nizza e Trattato costituzionale", pubblicato per i tipi delle benemerite edizioni Solfanelli di Chieti (111 pagine, 8 euro). Il saggio si avvale della prefazione di Massimo Mauro, vicepresidente del parlamento europeo. I capitoli del libro sono davvero interessanti: si va dalla "laicità ostile" francese e dall'approfondimento sulla libertà religiosa nei paesi della UE, e quindi dalla tipica statolatria d'oltralpe di giacobina memoria, allo studio dei vari documenti elaborati negli ultimi anni. Anche se, sottolinea acutamente Brienza, "il trattato costituzionale europeo non rappresenta una costituzione né sul piano procedurale né su quello sostanziale. La convenzione europea, nonostante l'enfasi con cui si è tentato di caricarne la composizione ed il metodo di lavoro, non è stata un'assemblea costituente". Inoltre, "il trattato di Bruxelles non si può identificare con una costituzione neppure sul piano sostanziale, essendo ancora una volta il compromesso fra interessi di governi nazionali che si riservano, ciascuno, il potere decisionale in ultima istanza". "Per evitare di scomparire, l'Europa dovrebbe così necessariamente tornare alle sue radici cristiane, facendo di esse il proprio futuro. Queste radici non solo sono un dato storico ineliminabile, ma sono anche la possibilità di una grande rinascita nel XXI secolo", conclude l'autore. E se qualcuno dovesse azzardarsi a dargli torto, che peste lo colga. All'istante.

Marino Pagano

IL CARLINO, anno V, nn.1-2, gennaio-giugno 2007

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